Intervista ad Antonio Padovano di Francesco Innella


Antonio Padovano, nato a Mola di  Bari nel 1948 è un autore molto versatile. Nel 1976, la sua commedia: “  Processo alla malavita barese”, fu rappresentata presso il  Centro Universitario  Barese. Nel 1994, pubblicò: “ Racconti allegri e amari”. Nel 1996 la commedia: “ L’artiere:”. Nel 1998 il saggio:”Il sogno della ragione”.Nel 2005 partecipa all’antologia “ Samothraki.”Nel 2011 ,scrive il libro di poesie e satire:” Immenso”. Nel 2012, ritorna alla saggistica con: “ La saggezza della follia”. E nel 2014, pubblica un altro saggio dal tiolo: “  Battaglia di civiltà”.
“Il salto e la beffa” di Antonio  Padovano  è un opera che l’autore ha dedicato alla condizione giovanile di oggi. Il lavoro è molto interessante e pone l’accento su questioni sociali ed affettive che ci coinvolgono tutti, Padovano  usa un linguaggio diretto ed impietoso, ma che lascia trasparire la sua umanità. Come scrive  Davide Morelli, nella sua introduzione:” I giovani di questa commedia, invece non finiscono tra i giovani devianti e neanche si suicidano nonostante i concorsi truccati, la mancanza di meritocrazia, la manipolazione delle coscienze da parte delle comunicazioni di massa e l’indottrinamento della solita propaganda .Illuminante per ogni giovane è la danza macabra degli imprenditori, il labirinto della burocrazia statale”.
Antonio ho letto la tua interessante commedia e vorrei chiederti perché hai scelto come titolo il Salto e la beffa?
Viviamo un’epoca di grossi cambiamenti morali ed intellettuali. Tutto il mondo è in subbuglio e l’uomo sta cambiando. E’ come se lasciasse la propria pelle per prenderne un’altra più adatta al tempo che viviamo. E in questo marasma è proprio il cinismo la dottrina più seguita. Di qui: il salto ovvero il cambiamento e la beffa di alcuni personaggi che per superare la crisi abbracciano il cinismo.
Nella commedia tu  descrivi la condizione della gioventù nella società attuale, globalizzata  in cui i giovani sono inseriti nel mondo  del consumismo, che impedisce loro una crescita culturale  e sociale autentica; ora come i giovani possono uscire secondo te da questa situazione?
I giovani nati e cresciuti nella società dei consumi avvertono che qualcosa non va. Se ne sono andati di casa, lontani dalla famiglia. A disagio con il mondo in cui vivono non riescono ad inserirsi nella vita pratica anche se hanno completato tutto il curriculum scolastico. Cercano di costruirsi un’altra esistenza diversa rifacendosi una nuova vita.
Nella commedia tu descrivi la subcultura giovanile, ce ne vuoi parlare?
La cultura giovanile non è molto diversa da quella degli anziani che li hanno preceduti. Anzi è la stessa perché non è facile inventare i nuovi parametri. E’ sempre la vita la maestra di tutto. I giovani sperimentano solo nuovi rapporti modificando un po’ quelli passati. Naturalmente, come accade nella realtà, si troveranno a capovolgere i vecchi parametri e a scoprirne di nuovi.
Nella commedia poni l’indice sulla  precarietà del lavoro giovanile,  che poi secondo me si estende a tutta la nostra società; quanto ha inciso  su tutto questo il capitalismo globale?
Per i giovani il lavoro è sempre stato precario e difficile da trovare. E’ una vecchia tradizione della società italiana che offre sempre meno posti di lavoro di quelli necessari. Forse perché è un controllo delle nascite indiretto. Chi lo sa ? Il capitalismo globale ha acutizzato questo problema, drammatizzandolo. Bisogna solo vedere dove andrà a sfociare e le altre conseguenze che apporterà sulla società.
Esiste una crisi dei valori familiari,  oggi  i giovani si integrano ancora nel modello familiare ?
La crisi dei valori familiari esiste. La famiglia così come era strutturata una volta comincia a non reggere più. Si cerca un legame meno oppressivo e più libero. Ma anche qui sarà il tempo a decretare il nuovo corso. I giovani che sono sempre l’ago della bilancia sono divisi in due schiere. Coloro che non riescono ad abbandonare la famiglia, i “mammoni”, e i giovani che appena possono abbandonano la famiglia e vanno a vivere per conto loro. 
Ma tu affermi che la colpa non è solo dei giovani, ma anche del sistema Italia che non funziona, ci vuoi dire perché?
Il sistema Italia non ha mai funzionato con i giovani. Li ha sempre lasciati disoccupati il più a lungo possibile. Sembra quasi la prolunga del controllo delle nascite. Io non so come i giovani riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro dopo una così lunga disoccupazione iniziali. E’ un’attesa che il più delle volte ottunde le loro capacità lavorative. 
E secondo te la precarietà può essere una spinta alla ricerca di motivazioni profonde?
La precarietà è sempre una spinta alla ricerca di motivazioni profonde. Fa scoprire nuovi anfratti nella vita. Picchi che non riusciamo a vedere all’improvviso si mostrano indicando che c’è sempre una via d’uscita per ogni problema al mondo.
E per finire nella commedia i giovani non scivolano nel nichilismo nonostante i concorsi truccati, la mancanza di meritocrazia e la manipolazione mediatica delle loro menti, perché?
Il nichilismo è sempre l’ultimo rifugio dell’uomo ed è sempre il più scomodo perché presagisce un po’ la fine. I giovani sono vivi ed hanno ancora una carica vitale esplosiva in loro. Superano gli ostacoli con un po’ di cinismo. Sarà piuttosto il cinismo il male di domani specie se tarderanno da affermarsi i nuovi valori.

Francesco Innella

Intervista ad Antonio Padovano di Francesco Innella Intervista ad Antonio Padovano di Francesco Innella Reviewed by Ilaria Cino on novembre 27, 2019 Rating: 5

Nessun commento