Scritture critiche: sulla televisione
Secondo un vecchio slogan la televisione è una "finestra aperta sul mondo". Ci sono stati grandi momenti televisivi come l'allunaggio in diretta e momenti squallidi come nel giugno del 1981 il dramma in diretta di Alfredino a Vermicino. Orson Welles dichiarò che la televisione è come la luce accesa in bagno o come l'acqua che scorre in cucina. Quando si guarda la televisione si può credere a tutto a causa di quella che viene chiamata sospensione del dubbio. Non è un caso che secondo alcuni studi siano più le trasmissioni televisive che i programmi elettorali a far cambiare l'orientamento politico delle persone. La televisione è fondamentale anche per far scattare il cosiddetto istinto di acquisizione: si pensi all'inesistente cacao meravigliao pubblicizzato da Arbore negli anni ottanta, che tutti volevano a tutti i costi. La televisione crea luoghi comuni e poi li diffonde. Così fa anche per simboli, icone, miti, che colonizzano tutto il mondo: si pensi alla Coca-Cola. Tutti parlano la stessa lingua: quella televisiva. Una lingua più povera ma più comprensibile. Ma la televisione indebolisce anche la ponderatezza, il senso critico, la riflessività della mente umana. Gli stimoli sono troppi per essere elaborati adeguatamente. Il piccolo schermo impone verità relative, che cambiano ogni giorno: verità posticce o provvisorie. Per il politologo Sartori oggi abbiamo l'homo videns e siamo nell'epoca della videocrazia. Secondo alcuni studiosi oggi siamo nella civiltà delle immagini, ma la televisione può toglierci il senso della realtà. Per altri i più deboli non riescono più a distinguere il vero dal falso per colpa di questo medium. Per McLuhan la televisione non è un mezzo neutrale: è un mezzo che rassicura gli utenti. Per Popper la televisione è una cattiva maestra per i più giovani in quanto propina violenza ad ogni ora del giorno ed i bambini apprendono per imitazione. Per Pasolini è responsabile dell'omologazione e della mutazione antropologica. Per il cardinal Martini è la cassa di risonanza dei "blocchi comunicativi" già esistenti nella società, ma potrebbe rivelarsi il nuovo "lembo di mantello di Gesù". Per Giorgio Bocca la televisione ed internet stanno distruggendo la cultura umanistica, in particolare il suo elemento portante, ovvero la metafora. Per Umberto Eco il sistema deve essere combattuto dall'interno e gli intellettuali non possono essere "apocalittici" e detrattori totali. Per Salvatore Veca la televisione italiana è caratterizzata dall'arretratezza nell'offerta. Umberto Eco con il suo saggio "Fenomenologia di Mike Bongiorno" avverte che chi fa televisione spesso è un mediocre e non eccelle in niente: è per questo motivo che il pubblico si identifica, si riconosce nel personaggio e lo ama senza riserve. A mio avviso chi fa televisione è soprattutto narcisista, spigliato, estroverso, arrivista: sono queste a mio avviso le caratteristiche salienti. La televisione a livello psicologico si può comprendere come l'esibizionismo di pochi, che sono ammirati/odiati da molti voyeur, che in gran parte vorrebbero sfogare anche essi il loro esibizionismo nel piccolo schermo. Molti ragazzi vorrebbero entrare nella casa del Grande Fratello e molte ragazze vorrebbero diventare delle veline per poi impalmare un calciatore di serie A. Un tempo era il cinema la fabbrica dei sogni. Oggi invece è la televisione. Inoltre in Italia c'è anche quella che Aldo Grasso ha definito "la TV del sommerso", cioè delle emittenti locali. C'è anche la TV satellitare, ma domina al momento quella generalista: la tv on demand fatica a decollare. Internet invece può essere visto come un territorio selvaggio in cui uno può fare ciò che vuole(haters, pedopornografia, porno vendette, notizie false, cyberbullismo, truffe telematiche), ma anche come uno splendido strumento di conoscenza. Internet però è un mezzo molto più giovane della televisione e le sue storture possono essere corrette velocemente perché qualsiasi utente lascia una traccia: basta che non venga garantito l'anonimato ed ognuno abbia una identità. La cosa più difficile per internet sarà fare delle normative internazionali. La televisione invece deve le sue storture alla rincorsa dell'audience e del business a tutti i costi. Un altro difetto della TV è l'asimmetria del medium, mentre invece internet è più democratico. La tv è sinonimo di falsa libertà. L'uomo contemporaneo non reprime più gli istinti sublimandoli: sarebbe troppo pericoloso e potrebbe insabbiare gli ingranaggi del ciclo produttivo e del sistema consumistico. Viene invece istigato all'erotismo dalla tv e alla pornografia da internet. Poi viene lasciato libero di sfogare i suoi impulsi magari nel weekend. Non sublima più. Ma la desublimazione repressiva scoperta da Marcuse è una delle poche valvole di sfogo. I luoghi stessi in cui viene consumato il sesso (auto alcova nelle zone industriali, camere da letto o di albergo) non hanno più niente di bello come la natura della società contadina: la libido secondo Marcuse è un puro fatto anatomico, ma non più estetico e paesaggistico. Il principio di piacere viene sempre incanalato dal potere. Non c'è via di uscita. Ma torniamo di nuovo alla TV. Il piccolo schermo è oggetto di studio non solo per gli effetti psicologici deleteri sui più giovani ma anche per il processo di influenza sulle masse. Coloro che studiano il cambiamento dell'atteggiamento analizzano sempre l'emittente, il messaggio, il ricevente, lo stile comunicativo, l'effetto. Secondo questi ricercatori gioca un ruolo determinante nell'opinione dei telespettatori la credibilità della fonte, mentre riguardo all'emotività dell'emittente i dati sono contrastanti. Nel piccolo schermo comunque i messaggi devono essere espressi nel modo più semplice possibile in modo che tutti possono decodificarli facilmente. In televisione viene utilizzato un linguaggio standard molto diretto e povero di metafore. Ora ritorniamo alla TV italiana. Insomma tra pubblicità ingannevole ed occulta, televisione trash, spettacolarizzazione, sensazionalismo, telenovelas false, telefilm violenti, varietà stupidi, talk-show rissosi ("il bello della diretta"), telegiornali pieni zeppi di brutte notizie ecco a voi la televisione generalista italiana, che forse avrebbe bisogno di darsi un codice deontologico. Non è questione di moralismo. È questione di buonsenso perché la televisione non è un eletttodomestico come gli altri: è un grande contenitore attualmente riempito da tanta spazzatura. Per me la televisione assopisce le coscienze. Eppure in Italia ha aiutato molto l'unificazione linguistica ed ha aiutato a leggere e a scrivere gli analfabeti con il maestro Manzi. Nella storia della tv generalista solo la RAI, Sgarbi e il Maurizio Costanzo show hanno fatto cultura per molti. In Italia abbiamo avuto la lottizzazione della Rai e il duopolio. Con la scesa in campo di Berlusconi si è parlato molto di conflitto di interessi e di par condicio. Lo stesso Sergio Zavoli si è chiesto se si potesse raggiungere l'imparzialità televisiva tramite la somma di tante faziosità. Il dibattito è ancora aperto e particolarmente acceso, visto e considerato che Berlusconi è divisivo. La televisione in definitiva va bene solo se è assunta a piccole dosi e se considerata come strumento di evasione(può essere una mediocre intrattenitrice per gli adulti e una buona badante per le persone molto anziane). Bisogna stare attenti perché la televisione manipola le menti: dovrebbe formare ed invece raramente informa e molto spesso deforma la coscienza. L'unica libertà concessa al telespettatore è lo zapping, ovvero l'uso nevrotico del telecomando. La TV generalista italiana attualmente- diciamocelo francamente- non è fatta per chi ha urgenza di cultura e di verità. A mio avviso il piccolo schermo plasma un immaginario comune e perciò impoverisce la immaginazione, inibisce la creatività, oltre ad attentare alla libertà di pensiero. È meglio seguire il flusso della propria coscienza o leggere un libro che guardare passivamente la televisione.
Davide Morelli
Scritture critiche: sulla televisione
Reviewed by Ilaria Cino
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ottobre 30, 2019
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