Scritture critiche: Alexandra David-Néel
Alexandra David-Néel, nata Louise Eugenie Alexandrine Marie David (Saint-Mandé, 24 ottobre 1868 – Digne, 8 settembre 1969), scrittrice ed esploratrice francese. Fin da giovane dimostrò il suo senso di libertà e ribellione, già nel 1886 all'età di soli diciotto anni, abbandonò la casa dei suoi genitori a Bruxelles per viaggiare in sella ad una bicicletta con la quale si diresse in Spagna. Il suo viaggio proseguì in Francia dove si fermò per un certo tempo presso Mont-Saint-Michel.
Trasferitasi in Inghilterra, si immerse nello studio delle filosofie orientali, contemporaneamente allo studio della lingua inglese Lì ebbe modo di conoscere Agvan Dorzhiev inviato del Tredicesimo Dalai Lama e futuro fondatore del primo tempio buddhista in Europa. Dopo aver fatto ritorno a Parigi, dove si iscrisse alla Società Teosofica, cofondata nel 1875 a New York da Helena Petrovna Blavatsky, approfondendo così gli studi sul buddhismo tibetano, e seguendo le lezioni di lingue orientali alla Università della Sorbona.
In quello stesso periodo si iscrisse o frequentò numerose società segrete, tra cui la Massoneria, movimenti femministi ed anarchici. Nel 1899 scrisse un saggio con lo pseudonimo di Alexandra Myrial intitolato:” Pour la vie” con la prefazione dell'anarchico e geografo Elisée Reclus (che a Londra l'aveva messa in contatto con il gruppo "Suprema Gnosi"). Tuttavia l'opera non trovò nessun editore che avesse il coraggio di pubblicarla, fino a quando il suo compagno, Jean Haustont, non decise di pubblicare l'opera a proprie spese. Nonostante passasse del tutto inosservata dalla maggioranza del pubblico, lo scritto di David-Néel si diffuse ampiamente negli ambienti anarchici e venne tradotto in ben cinque lingue, compreso il russo.
Nel 1890 - 1891, grazie ad una eredità proveniente dalla nonna materna, viaggiò in lungo e in largo per tutta l'India, dove rimase affascinata dalla musica tibetana e dalle tecniche di meditazione apprese grazie al suo maestro locale, Swami Bhaskarânanda. Ma la saggistica e lo studio orientalista non erano sufficiente per vivere, e mise quindi a frutto un'altra sua dote eccellente: il canto. È così che cominciò a girare il mondo come cantante lirica, divenendo anche prima donna all'Opera di Hanoi. Nel 1902 le venne offerta la direzione artistica del teatro di Tunisi, e così con la promessa di fare ritorno in Asia dov'era il suo cuore, si trasferì in Africa settentrionale, dove si diede allo studio del Corano, e dove conobbe l'ingegnere ferroviario Philippe Néel che sposò nel 1904.
Ben presto la vita matrimoniale si rivelò insoddisfacente per il suo carattere sempre assetato di novità e viaggi, per questo motivo, d'accordo con suo marito, si trasferì nuovamente in Inghilterra per apprendere in maniera approfondita la lingua inglese, fondamentale per gli studi di orientalistica, di cui era appassionata. Dopo alcuni mesi di studio, si recò in Belgio, per fare una visita alla madre e alla tomba del padre, per fare poi ritorno a Tunisi da suo marito. Dal 1914 al 1916 visse in eremitaggio in una caverna nel Sikkim praticando esercizi spirituali con il monaco tibetano Aphur Yongden che divenne il suo compagno di vita e avventure e che in seguito adottò come figlio. Nel 1916 a Shigatse incontrò il Panchen Lama che la riconobbe come reincarnazione. Impossibilitata a tornare in Europa a causa della guerra si recò in Giappone. Là incontrò Ekai Kawaguchi che nel 1901 aveva visitato Lhasa. Desiderosa di imitarlo, si recò a Pechino e di lì, travestita da tibetana, attraversò la Cina in piena guerra civile e a piedi raggiunse Lhasa.
Dopo una parentesi europea, Alexandra nel 1937 tornò in Cina dove rimase, a causa della seconda guerra mondiale fino al 1946. Morì a 101 anni in Provenza. Instancabile viaggiatrice, percorse a piedi, un territorio vastissimo, dalla Cina all’India, attraverso il suo amato Tibet, fino a raggiungere la leggendaria Lhassa, qui, soffermandosi in vari conventi, conobbe molti lama e praticò, svariati riti e formule meditative . E dalle esperienze che ebbe dal soggiorno in queste zone, fu ispirata alla scrittura del suo romanzo: Magia d’amore e magia nera. Il romanzo prende spunto da un avvenimento narrato all'autrice da Garab, un capo tribù che la ospitò in Tibet. Quando era un giovane e potente bandito egli si innamorò della bella Detchema con cui intraprese un viaggio avventuroso; tra mille peripezie dovette rifugiarsi in un monastero che nascondeva un segreto orribile. Una volta scappato, riuscì a nascondersi da un eremita dove ritrovò Detchema.
All’interno del romanzo l’autrice ci parla di due ordini di magia, quella amorosa e quella nera. La prima non è presentata nella formula volgare dei filtri e delle fatture e neanche nella forma demoniaca del tantrismo, ma con l’amore inteso come la più alta manifestazione dello spirito, che è capace di raggiungere, al di la delle misere formule magiche e rituali la convergenza tra due anime che si attraggono tra loro. Detchema è una vera eroina d’amore, capace di dominare la natura inquieta e ribelle di Garab, che da brigante approda, poi alla fine del romanzo ad una vita religiosa. Dechema si presenta spontaneamente, nell’accampamento dei briganti e si presenta al suo amato, guidata da un sogno premonitore, senza farsi vincere dalla paura. Impressionante è il terribile segreto di magia nera, che Garab scopre nel monastero di Losaling, dove era stato portato ferito,dopo uno scontro a fuoco con le truppe cinesi, dove assiste terrorizzato, prima di fuggire ad un rito di magia avatarica, dove il Lama Nero del convento, recitando alcune formule astruse, beve i liquami cadaverici di coloro che erano stati uccisi in quel luogo.
Questa truce visione per poco non fa impazzire il povero Garab, che riesce a salvarsi la vita, fuggendo e a ritrovare la sua amata Dechema. L’autrice scrisse: "Mi è dunque parso preferibile dare a questo libro la forma di un romanzo al fine di potere, per mezzo di descrizioni di paesaggi e con l’esposizione di idee correnti nel paese, circondare i personaggi dell’ambiente fisico e dell’atmosfera mentale nella quale essi si muovevano e di cui subivano l’influenza. Tuttavia, durante le pagine che seguiranno, il lettore è pregato di ricordarsi che questo romanzo è stato vissuto".
Trasferitasi in Inghilterra, si immerse nello studio delle filosofie orientali, contemporaneamente allo studio della lingua inglese Lì ebbe modo di conoscere Agvan Dorzhiev inviato del Tredicesimo Dalai Lama e futuro fondatore del primo tempio buddhista in Europa. Dopo aver fatto ritorno a Parigi, dove si iscrisse alla Società Teosofica, cofondata nel 1875 a New York da Helena Petrovna Blavatsky, approfondendo così gli studi sul buddhismo tibetano, e seguendo le lezioni di lingue orientali alla Università della Sorbona.
In quello stesso periodo si iscrisse o frequentò numerose società segrete, tra cui la Massoneria, movimenti femministi ed anarchici. Nel 1899 scrisse un saggio con lo pseudonimo di Alexandra Myrial intitolato:” Pour la vie” con la prefazione dell'anarchico e geografo Elisée Reclus (che a Londra l'aveva messa in contatto con il gruppo "Suprema Gnosi"). Tuttavia l'opera non trovò nessun editore che avesse il coraggio di pubblicarla, fino a quando il suo compagno, Jean Haustont, non decise di pubblicare l'opera a proprie spese. Nonostante passasse del tutto inosservata dalla maggioranza del pubblico, lo scritto di David-Néel si diffuse ampiamente negli ambienti anarchici e venne tradotto in ben cinque lingue, compreso il russo.
Nel 1890 - 1891, grazie ad una eredità proveniente dalla nonna materna, viaggiò in lungo e in largo per tutta l'India, dove rimase affascinata dalla musica tibetana e dalle tecniche di meditazione apprese grazie al suo maestro locale, Swami Bhaskarânanda. Ma la saggistica e lo studio orientalista non erano sufficiente per vivere, e mise quindi a frutto un'altra sua dote eccellente: il canto. È così che cominciò a girare il mondo come cantante lirica, divenendo anche prima donna all'Opera di Hanoi. Nel 1902 le venne offerta la direzione artistica del teatro di Tunisi, e così con la promessa di fare ritorno in Asia dov'era il suo cuore, si trasferì in Africa settentrionale, dove si diede allo studio del Corano, e dove conobbe l'ingegnere ferroviario Philippe Néel che sposò nel 1904.
Ben presto la vita matrimoniale si rivelò insoddisfacente per il suo carattere sempre assetato di novità e viaggi, per questo motivo, d'accordo con suo marito, si trasferì nuovamente in Inghilterra per apprendere in maniera approfondita la lingua inglese, fondamentale per gli studi di orientalistica, di cui era appassionata. Dopo alcuni mesi di studio, si recò in Belgio, per fare una visita alla madre e alla tomba del padre, per fare poi ritorno a Tunisi da suo marito. Dal 1914 al 1916 visse in eremitaggio in una caverna nel Sikkim praticando esercizi spirituali con il monaco tibetano Aphur Yongden che divenne il suo compagno di vita e avventure e che in seguito adottò come figlio. Nel 1916 a Shigatse incontrò il Panchen Lama che la riconobbe come reincarnazione. Impossibilitata a tornare in Europa a causa della guerra si recò in Giappone. Là incontrò Ekai Kawaguchi che nel 1901 aveva visitato Lhasa. Desiderosa di imitarlo, si recò a Pechino e di lì, travestita da tibetana, attraversò la Cina in piena guerra civile e a piedi raggiunse Lhasa.
Dopo una parentesi europea, Alexandra nel 1937 tornò in Cina dove rimase, a causa della seconda guerra mondiale fino al 1946. Morì a 101 anni in Provenza. Instancabile viaggiatrice, percorse a piedi, un territorio vastissimo, dalla Cina all’India, attraverso il suo amato Tibet, fino a raggiungere la leggendaria Lhassa, qui, soffermandosi in vari conventi, conobbe molti lama e praticò, svariati riti e formule meditative . E dalle esperienze che ebbe dal soggiorno in queste zone, fu ispirata alla scrittura del suo romanzo: Magia d’amore e magia nera. Il romanzo prende spunto da un avvenimento narrato all'autrice da Garab, un capo tribù che la ospitò in Tibet. Quando era un giovane e potente bandito egli si innamorò della bella Detchema con cui intraprese un viaggio avventuroso; tra mille peripezie dovette rifugiarsi in un monastero che nascondeva un segreto orribile. Una volta scappato, riuscì a nascondersi da un eremita dove ritrovò Detchema.
All’interno del romanzo l’autrice ci parla di due ordini di magia, quella amorosa e quella nera. La prima non è presentata nella formula volgare dei filtri e delle fatture e neanche nella forma demoniaca del tantrismo, ma con l’amore inteso come la più alta manifestazione dello spirito, che è capace di raggiungere, al di la delle misere formule magiche e rituali la convergenza tra due anime che si attraggono tra loro. Detchema è una vera eroina d’amore, capace di dominare la natura inquieta e ribelle di Garab, che da brigante approda, poi alla fine del romanzo ad una vita religiosa. Dechema si presenta spontaneamente, nell’accampamento dei briganti e si presenta al suo amato, guidata da un sogno premonitore, senza farsi vincere dalla paura. Impressionante è il terribile segreto di magia nera, che Garab scopre nel monastero di Losaling, dove era stato portato ferito,dopo uno scontro a fuoco con le truppe cinesi, dove assiste terrorizzato, prima di fuggire ad un rito di magia avatarica, dove il Lama Nero del convento, recitando alcune formule astruse, beve i liquami cadaverici di coloro che erano stati uccisi in quel luogo.
Questa truce visione per poco non fa impazzire il povero Garab, che riesce a salvarsi la vita, fuggendo e a ritrovare la sua amata Dechema. L’autrice scrisse: "Mi è dunque parso preferibile dare a questo libro la forma di un romanzo al fine di potere, per mezzo di descrizioni di paesaggi e con l’esposizione di idee correnti nel paese, circondare i personaggi dell’ambiente fisico e dell’atmosfera mentale nella quale essi si muovevano e di cui subivano l’influenza. Tuttavia, durante le pagine che seguiranno, il lettore è pregato di ricordarsi che questo romanzo è stato vissuto".
Francesco Innella
Scritture critiche: Alexandra David-Néel
Reviewed by Ilaria Cino
on
marzo 05, 2020
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