Recensione del mese: Specchi ciechi - Giulio Marchetti
Specchi ciechi (Puntoacapo, 2020) di Giulio Marchetti è un libretto di poesia molto suggestivo, impreziosito delle osservazioni di Maria Grazia Calandrone, Vicenzo Guarracino e Riccardo Sinigallia. Perché leggere Specchi ciechi? Perché, a mio avviso, in quest’opera Marchetti, già autore di diverse raccolte come Energia del vuoto, La notte oscura e Ghiaccio nero, dà prova di una poesia di confine.
Un abbandonarsi stoico alle soglie della gioia e del dolore (…/Moltiplica/gli istanti di pausa, fino al vertice/della noia/Da lì/si può solo cadere, scivolare/nella speranza di un tronco o una roccia/sporgente, appena prima/dell’oblio: scivolare/ognuno con la sua velocità,/in base al proprio perso/e alla propria solitudine/) che si svela in una scrittura misurata, ungarettiana, e per la ricerca di parole che meglio esprimono quelli che l’autore chiama i “rigurgiti dell’ego” e per un’idea di poesia, legata al segreto (/Ognuno, tra le mani, stringe/una conchiglia, dove soffia/e custodisce la propria voce: la parola è un segreto da non svelare/).
Ma è altrettanto vero che "la parola è impotente, non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi" (Ungaretti, intervista del 1961). Di ciò Marchetti appare consapevole (…/ogni parola/una metafora/ del nulla/) nell’intento estremo di dare volume, intensità e suono ai variopinti e fecondi teatri dell’essere o del non essere, e dove (…/di ogni confine/corre l’addio/dentro la gola/). Leggendo Marchetti come non ricordare il grido di Beckett "Prova ancora. Fallisci ancora, fallisci meglio" e dunque provare a raccogliere come l’autore nel “Notturno” quell'atteso approdo (…/Ecco l’atomo/di gioia: brilla/impercettibilmente/), che restituisca il senso della “sciagura di un esilio”. Si respira in Specchi ciechi un’atmosfera quasi cioraniana, del genere "siamo tutti in fondo ad un inferno, dove ogni attimo è un miracolo", più lieve per certi versi (…/Esiste/un vento favorevole/ nell’oceano della perdita?/;.../Nulla al di là/della coscienza/di cadere/) ma parimenti illuminante nei risultati. Così Marchetti nella sua “sottile disperazione cosmica” riesce in luminosi epiloghi: (/Come ritrovare, ti chiedo,/i sentimenti lungo il sentiero,/come trasformare/i sassi in altre forme/della materia: forme più dolci,/aggraziate/e in grado di navigare/il sangue/fino all’ultimo giro/).
Un abbandonarsi stoico alle soglie della gioia e del dolore (…/Moltiplica/gli istanti di pausa, fino al vertice/della noia/Da lì/si può solo cadere, scivolare/nella speranza di un tronco o una roccia/sporgente, appena prima/dell’oblio: scivolare/ognuno con la sua velocità,/in base al proprio perso/e alla propria solitudine/) che si svela in una scrittura misurata, ungarettiana, e per la ricerca di parole che meglio esprimono quelli che l’autore chiama i “rigurgiti dell’ego” e per un’idea di poesia, legata al segreto (/Ognuno, tra le mani, stringe/una conchiglia, dove soffia/e custodisce la propria voce: la parola è un segreto da non svelare/).
Ma è altrettanto vero che "la parola è impotente, non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi" (Ungaretti, intervista del 1961). Di ciò Marchetti appare consapevole (…/ogni parola/una metafora/ del nulla/) nell’intento estremo di dare volume, intensità e suono ai variopinti e fecondi teatri dell’essere o del non essere, e dove (…/di ogni confine/corre l’addio/dentro la gola/). Leggendo Marchetti come non ricordare il grido di Beckett "Prova ancora. Fallisci ancora, fallisci meglio" e dunque provare a raccogliere come l’autore nel “Notturno” quell'atteso approdo (…/Ecco l’atomo/di gioia: brilla/impercettibilmente/), che restituisca il senso della “sciagura di un esilio”. Si respira in Specchi ciechi un’atmosfera quasi cioraniana, del genere "siamo tutti in fondo ad un inferno, dove ogni attimo è un miracolo", più lieve per certi versi (…/Esiste/un vento favorevole/ nell’oceano della perdita?/;.../Nulla al di là/della coscienza/di cadere/) ma parimenti illuminante nei risultati. Così Marchetti nella sua “sottile disperazione cosmica” riesce in luminosi epiloghi: (/Come ritrovare, ti chiedo,/i sentimenti lungo il sentiero,/come trasformare/i sassi in altre forme/della materia: forme più dolci,/aggraziate/e in grado di navigare/il sangue/fino all’ultimo giro/).
Ilaria Cino
Recensione del mese: Specchi ciechi - Giulio Marchetti
Reviewed by Ilaria Cino
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febbraio 27, 2020
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