Recensione del mese: Anidramnios, canto a due voci - Lavinia Frati
Anidramnios (Controluna, 2019) di Lavinia Frati è uno straordinario viaggio nei sentimenti di una madre che assiste inerme alla nascita prematura del figlio, a cui decide di dar voce attraverso il canto e il lirismo proprio della poesia. Ma procediamo per gradi, il titolo “Anidramnios” è un termine medico che indica l’assenza di liquido amniotico, configurandosi come una situazione ad alto rischio per il feto. Ma a darci l’idea di cosa rappresenti una nascita prematura non è tanto il tecnicismo medico quanto il pàthos ricreato dai versi dell’autrice davanti all’atto del parto, che si configura come un atto di dolore e di amore allo stesso tempo: (L’infermiera chiede il nome: “Lo chiamerò Eugenio/ ben nato, mio dolore/ben nato, mio amore/”). Quello che doveva essere un momento di allegrezza si trasforma in un silenzio che “frantuma ogni discorso”, nell’agonia di una lunga corsa per la sopravvivenza:/Non è così che doveva andare,/ho paura di vedere, paura di toccare/il corpo ricoperto di placenta,/potrebbe essere una corsa che non ha fine,/uno sgarro che fa sanguinare/. La Frati riesce benissimo nel cogliere e nel farci cogliere, mediante immagini poetiche, il duplice momento che precede il parto e quello immediatamente successivo, con tutte le ansie e i dubbi generati dallo straniamento di mettere al mondo un bimbo prematuro: /Sento ancora il tuo respiro/che mi pulsa dall’interno,/il singhiozzo che muoveva/la mia pancia come un’onda,/ora tremo nel cercati e non sapere/cosa fare, quale cura nel silenzio del risveglio/che ti possa alleviare/il dolore della nascita/. E quale madre non vorrebbe per suo figlio “lunghe antenne da lumaca” per “percepire ogni segno di pericolo” e come la Frati cattura questa condizione di apprensione, esprimendo con pochi ed illuminanti versi vicinanza all’intero emisfero femminile. Vicinanza ripresa con maggior slancio in un altro passo del libro dove all’indifferenza del personale medico del reparto abortivo (“L’infermiera, abituata all’odore della morte,/non si capacitava nel vedere le madri piangere”) la Frati contrappone il pianto materno, segno di grazia o di disgrazia: /Oggi un neonato è partito per sempre,/ha raggiunto la sua stella e sono volati via./Ho visto la sua mamma piangere/come piangerebbe un bambino,/con la faccia contro il muro,/lei, figlia di suo figlio./Tu, non lasciarmi/. In questo si percepisce l’impegno e la sensibilità della Frati verso la poesia civile, che partendo dal particolare, da un’esperienza di dolore, arriva al generale, ad una situazione di denuncia, estendendo l’osservazione alle difficili relazioni che si muovono intorno all’Anidramnios. Non è solo il senso di precarietà della vita a destare attenzione, l’affannosa lotta con la morte che emerge dal dialogo immaginario, alternato tra madre e figlio come in un dramma Pasoliniano (“Torna, madre, non ti vedo,/hai paura che l’eterno/possa prendermi le mani?/”) ma anche il senso di clandestinità che l’autrice riesce ad evocare, facendoci sentire cosa significhi essere un pesce fuor d’acqua:/Ogni ora aumenta la fila dei parenti./Mi salutano con un abbozzo di sorriso/e una ruga più profonda sulla fronte,/come un segno distintivo./Non hanno parole di felicitazioni./Solo uno sguardo lucido, vuoto./Non sanno percepirti oltre l’adesso./ L’opera è percorsa da una grande tenerezza, (“… Prima di lasciarti/soffio nelle mani/il fiato e lo depongo/come un dono/sulla culla/”) quella di cui molta gente, ahimè, ha bisogno per superare le differenze e somigliare a qualcosa di umano. E quale destino augurarci per questo “ospite inatteso/arrivato troppo presto”, per questo “Ulisse senza patria”, se non quello individuato dalla Frati, cioè quello di un amore incondizionato, di un ritorno alla “Madre-Itaca”, metafora del superamento delle peripezie, e del ritorno alla vita.
Ilaria Cino
Recensione del mese: Anidramnios, canto a due voci - Lavinia Frati
Reviewed by Ilaria Cino
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novembre 15, 2019
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