Intervista a Lorenzo Mullon di Davide Morelli


Lorenzo Mullon nasce nel 1961 a Trieste, in un piccolo condominio sulla collina, con una sorgente in giardino. Nel corso degli anni, tutte le case in cui abiterà saranno accanto a un torrente, a un fiume, a un naviglio, o al mare.
Da bambino studia pianoforte al Conservatorio. A tredici anni inizia a dipingere e a comporre poesie: prende le scatole di cartone delle scarpe della mamma, le apre e versa colori a tempera, mischiati a cera liquida. Sul retro scrive i suoi testi.
Un giorno disperde viti e chiodi all'interno del pianoforte, e lo suona, creando melodie e rumori casuali. Smette di frequentare il Conservatorio.
È molto irrequieto, e per scaricare i nervi fa canottaggio. Lo scelgono in vista dei Mondiali Juniores in Australia, ma la spedizione italiana viene ridimensionata a causa della corruzione di alcuni dirigenti sportivi, e lui resta a casa.
Subito dopo scappa dalla famiglia, per contrasti con il padre. Fugge in Africa. In Marocco partecipa alla raccolta delle mele, come stagionale, ma gli rubano i documenti, e ritorna a Trieste con il foglio di via.
Va ad abitare a casa della nonna. Inizia a lavorare al porto come scaricatore, si fa male e si licenzia. Prende il diploma di maestro elementare, da privatista, ma non vuole insegnare nelle scuole perché si sente totalmente anarchico, e non potrebbe mantenere la disciplina in una classe di bambini. Trova un nuovo lavoro in una tipografia, a Mestre, però dopo un anno gli acidi e l'ambiente senza aerazione gli procurano un grave disturbo ai polmoni e alla pelle. Si trasferisce a Milano, dove frequenta Filosofia alla Statale, ma presto abbandona. In quegli anni vorrebbe cambiare il mondo, ma non ci riesce. Lavora in una grande agenzia di pubblicità, ma dopo un po' si licenzia.
Dipinge, trova un gallerista, che però gioca ai cavalli, è pieno di debiti e chiude la galleria d'arte. Parte per la California, riesce a fare una mostra a San Francisco, ma i tre soci della galleria litigano, e uno di loro si porta via tutti i quadri.
Ritorna a Milano senza soldi. Trova consolazione sotto gli alberi, nei parchi pubblici, dove passa le giornate. Scrive nuove poesie. Gli viene l'idea di raccoglierle in un libretto, di autoprodurlo in centinaia di copie, e di offrirlo a prezzo poetico, offerta libera, fermando le persone per strada con un "Scusi, a lei piace la poesia?".
Dal 2003 vive così. Poi si trasferisce a Venezia, seguendo le indicazioni di un sogno.
Lo potete trovare al Campo del Ghetto, o a Punta della Dogana, o dove lo porta l'ispirazione del momento. Nel 2018 esce il suo primo libro "ufficiale": “Da una trincea di vento”, curato da Paolo Lagazzi, con la prefazione di Lella Costa, entrambi conosciuti casualmente molti anni prima ai Giardini di Porta Venezia, a Milano, sempre girando con le sue poesie.



basta
voglio i semi della rugiada nel grembo
fatemi partorire l'albero
sento le fronde salire lungo i polmoni
gli aghi di pino mi irrorano con il loro profumo
il fruscio è assordante
non esiste altro che questo attrito verde che mi consuma

sono come una sottile oscurità nel prato
entro ed esco dalle foglie
il vento ha massaggiato il corpo fino a renderlo simile a un suono
è un sibilo quello che si stende sulla montagna
sono il buio che cammina nelle trasparenze del bosco
la vibrazione di un filo d'erba
ciò che resta nell'aria del fremito di una libellula

la mia ultima parola è tenerezza
come la rivoluzione delle stelle

sfioro e sono sfiorato
carezzo e ricevo carezze
trovo sempre una via per non disturbare
ogni giorno mi viene offerto un nuovo sentiero
si aprono mille strade nei rovi
amo la rotondità delle spine
la loro curva perfetta
la punta che indica un passaggio segreto
vado da un apice all'altro
scopro ovunque una vetta

mi sento talmente sottile che entro in ogni luce
la formica mi vede come un'ombra di polvere
il gufo non si accorge dei miei passi
un ramarro prova ad assaggiare l'aria
ma non c'è niente
mi riduco e precipito nell'estasi
sperimento le contrazioni dell'universo
invece di fare fatica qualcosa mi solleva
come il sole nell'alba
senza sforzo

la roggia si riempie
mi espando attraverso l'acqua
divento una sfoglia di onde
mi sollevo con la tela del ragno
sono una capanna invisibile
il luogo della raccolta delle monete di pioggia
la tenda e la cesta
una lanterna affidata al vento

Lorenzo Mullon
***



Quando è nato il suo amore per la poesia?

Da bambino. Frequentavo il Conservatorio, e nelle parole cercavo un'onda musicale. Se riuscivo ad afferrarla, mi espandevo. Era una gioia. Era, ed è ancora una gioia.

Potrebbe spiegare in parole semplici la sua poetica?

Guardi, non so nemmeno se sono un poeta, o cosa vuol dire essere poeti. Mi metto in ascolto, cerco di fissare sulla carta il più fedelmente possibile quello che accade in certi momenti. Non saprei definirmi... sono un curioso, a caccia di segreti e di epifanie. Amo mettere tutto sempre in discussione.
Vivo vendendo i libretti autoprodotti con le mie poesie ~ o pensieri, se non vogliamo chiamarle poesie ~ per strada. Capitano incontri imprevedibili e imparo tantissime cose.
Qualche mese fa, per esempio, a Punta della Dogana, a Venezia, ho conosciuto un professore di università esperto in Poesia Persiana: non sapevo che la Commedia di Dante fosse la "cover" di un poema scritto duecento anni prima, da Sana'i. E non si tratta dei Miraj, le fonti arabe di cui si è dibattuto negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Non sapevo nemmeno dell'esistenza di Sana'i, chi lo conosce da noi? Eppure il grande Rumi lo indica come “Il Maestro dei Maestri”. La struttura del poema ultraterreno, o ultradimensionale, di Sana'i è identica alla Commedia, e tanti elementi corrispondono: l'attraversamento di una via sottile nell’oscurità (il cammino nella selva); la guida (un Vegliardo al posto di Virgilio); i gironi infernali, addirittura con il famoso svenimento; le sfere celesti etc.
Alla Corte di Spagna, e non solo, traducevano i testi provenienti dall’Oriente. Bisognerebbe dire da chi il Sommo Poeta ha preso l'idea di fondo, non le pare?
Senza nulla voler togliere alla sua genialità, a come ha straordinariamente sviluppato la sua opera a partire dall'impianto originario.
Ecco: non mi piace quando vengono tenute nascoste delle verità. La mia poetica, se ne ho una, potrebbe essere quella del vagabondaggio delle rivelazioni. Piccole e grandi rivelazioni che capitano per caso.

Quali sono i suoi poeti preferiti?

Senz'altro Dante. Dante e Attar. Dante è diversissimo eppure simile ad Attar. Anzi, il senso è lo stesso, a ben vedere: la Fiamma Etterna di Dante è il gioco delle ombre del Simurgh in Attar. Attar è l'autore del Verbo degli Uccelli: per Borges ma anche secondo Pietro Citati, il più importante poema mistico di tutti i tempi. Un altro dono dalla Persia.
Durante il periodo del Liceo mi impressionò leggere William Blake. Il Proverbio Infernale “Se le porte della percezione fossero pulite, ogni cosa apparirebbe all'uomo come realmente è, infinita” diventò il mio Manifesto. Per me la Poesia rappresenta una via di liberazione, altrimenti non mi interessa, è un esercizio sterile, intellettuale. Ho bisogno di esperienze totali, da cui si esce trasformati.
A Milano vent'anni fa organizzai settanta incontri di poesia e musica nelle gallerie d'arte. Conobbi tanti poeti. Mi colpirono soprattutto Franco Loi, Umberto Fiori, Raffaello Baldini, Bruno Brancher e Alda Merini. La Merini era uno spasso: la chiamai per invitarla e lei rispose: "Voglio dei soldi, quanto pagate?"  "Niente signora: metto i manifesti all'Università Statale, invito gli studenti, ci si siede sui cuscini che porto da casa perché le gallerie d'arte non hanno sedie. Però abbiamo la musica, se viene ci sarà il flamenco"  "Posso ballare?"  "Sicuro"  "Allora vengo".
Ma ho letto poesie favolose di autori praticamente sconosciuti. Chissà quante e quanti Emily Dickinson esistono e sono esistiti, senza l'occasione o la fortuna di diventare famosi. E diventare famosi potrebbe non essere poi una così grande fortuna. Il percorso è sempre individuale, ognuno rappresenta una singolarità.

Per molti in poesia è importante soprattutto come si dice e non cosa si dice. Lei cosa ne pensa?

Mi perdoni ma non capisco la differenza tra come e cosa.
È un mio difetto: non riesco a entrare nella logica, nelle logiche. Ho superato con una fatica enorme le ideologie, o almeno spero di averle superate... Vorrei percepire la vita senza dover ragionare sulla vita. E credo che i dualismi siano devastanti: soffriamo così tanto per la distinzione tra noi e gli altri. Difendiamo il nostro piccolo io con i suoi steccati, e perdiamo la meraviglia del mondo.
Un giorno un’anziana signora per strada mi disse che ciò che chiamiamo Il Creatore in realtà è la connessione tra tutte le cose. Non lo so, non sono un teologo, però mi sembra un’ipotesi affascinante.

Non trova che a livello culturale in questi anni ci sia stato un livellamento verso il basso, forse anche a causa dell'omologazione descritta da Pasolini?

La mia attività si svolge soprattutto per strada. Ogni giorno fermo decine di persone chiedendo: "Scusi, a lei piace la poesia?", e quindi vedo i cambiamenti sociali; mi sembra di avere abbastanza il polso della situazione. Gli esseri umani sono perennemente in cambiamento, e questo crea resistenze, egoismi, paure e omologazioni.
Da qualche anno un problema in più è dato dai dispositivi elettronici, che usati male allontanano invece di avvicinare. Non esistevano al tempo di Pasolini. Ma è una dipendenza come un'altra.
Ogni dipendenza svia l'attenzione da se stessi, inquinando la percezione ~ e siamo sempre alle porte della percezione di William Blake!
A tanti fa comodo essere omologati. Le persone hanno bisogno di controllo sociale. Stiamo parlando delle persone-maschera.
Invece respiro quando nella mia attività incontro i bambini, con le loro famiglie. I bambini finché restano bambini sono tutti, sempre, autenticamente vivi. Per rimanere vivi bisogna crescere diventando bambini anziani, non adulti-maschera.
I bambini andrebbero rispettati per ciò che sono, invece li spingiamo a sentirsi subito grandi, sommergendoli con una valanga di impegni e responsabilità. Devono competere. Questa della competizione, della cosiddetta selezione naturale, della Legge del Più Forte, è una falsa scienza.
Gli animali che vivono a lungo sono anche i meno aggressivi: la Medusa Immortale - in teoria davvero immortale - è pochissimo urticante; la Vongola Islandese arriva a 400 anni filtrando l'acqua, togliendo gli inquinanti dai mari; la Tartaruga delle Galapagos vive 200 anni da vegetariana…
E gli alberi? Il Sacro Peepal indiano da 6000 anni si alimenta esclusivamente di luce, pioggia e sostanze trovate nel terreno.
Oh scusi, sto divagando? È un mio difetto, vado sempre oltre, vivo la Poesia come un'occasione per conoscere meglio me stesso e il mondo.

Per il grande critico Alfonso Berardinelli oggi i poeti contemporanei sono illeggibili o banali. È d'accordo?

Per carità, non metto in dubbio l'opinione di un grande critico.
Nel mio modesto caso,  probabilmente ha ragione: non ho la presunzione di essere poeta scrittore o artista. Le ripeto che mi ritengo solo un curioso. 

Il poeta Valerio Magrelli in una intervista a Fabio Fazio dichiarò che per essere letterati bisogna aver letto almeno ottomila libri. Che ne pensa a riguardo?

Voleva impressionare il pubblico. Non mi piacciono le sparate narcisiste. Ottomila sono un libro al giorno per più di vent’anni. Ridicolo… cosa ti resta di ogni libro? A me piace ritornare e ritornare ancora sui libri. Ci sono pagine in cui basta soffermarsi su due righe per andare in trance. Sono felice di non essere un letterato.

Leggere poesia può aprire la mente e combattere i luoghi comuni?

Le poesie sono fatte di parole, le parole sono simboli, i simboli si attivano in presenza di una mente ricettiva. Ci vuole il momento giusto e una tremenda forza interiore per liberarsi dai luoghi comuni. E dai condizionamenti mentali: il più delle volte non si fa altro che passare da uno vecchio a uno nuovo.
“Dio dorme nelle pietre, sogna nelle piante, apre gli occhi negli animali e diventa consapevole nell'uomo.” Una variante di questa poesia, che arriva dalla Valle del Gange, presenta l'uomo stesso come protagonista. L'uomo, la donna, ognuno di noi. Si tratta di un lunghissimo processo di liberazione. Forse ci vogliono infinite vite, milioni dei nostri anni… ma non bisogna avere fretta: è impossibile non esistere.

L'Italia è un Paese colmo di corporazioni. Anche a livello poetico ci sono diverse cricche a mio modesto avviso. Secondo lei è così?

Sono sempre a disagio quando si parla di gruppi, circoli, organizzazioni. Sento aria di prigione. Freud, se non ricordo male, preconizzò che quando la Società Psicoanalitica di Vienna avesse superato i sei membri, arrivando al settimo, si sarebbero presentati grossi guai. E infatti avvenne la  storica rottura.
Nei gruppi appena un po' numerosi, subito si creano meccanismi di arrivismo e di potere, e viene meno la spontaneità e la libertà di ricerca, non importa se artistica o scientifica. Si formano delle convinzioni, un punto di vista comune da difendere, un’ideologia. Chi non è d’accordo viene attaccato, a volte deriso, calunniato, espulso. Capita quasi sempre così.
A me piace la Poesia all’aria aperta. 
Se proprio dovessi chiedere la tessera ad una associazione, opterei per la Confraternita del Gorgonzola. Vado matto per il Gorgonzola. E quando la mia compagna si lamenta dell’odore, le rispondo che puzza ma è sincero.

Per me la televisione è una pessima babysitter per i bambini, un pessimo divertimento per gli adulti ed una ottima badante per gli anziani. Che ne pensa a riguardo? Concorda?

Non ho più la televisione, da anni. Guardavo le fiction. Ride se le dico che a me piacciono i film strappalacrime? È una bella cosa commuoversi, anche per delle stupidate. Piangere scioglie le tensioni, rende fluida la mente, sblocca le energie, ti restituisce al tuo campo di forze, fa emergere la divinità che è in noi ~ pardon, spesso esagero, mi lascio prendere dall'entusiasmo...
Piangere è un esercizio meditativo, e può rivoluzionare la vita: sono convinto che il passato si possa in qualche modo trasformare, rivivendolo. Persino gli errori. Forse si può riscrivere la propria storia, e magari noi dal futuro stiamo intervenendo sul presente di adesso. I nostri angeli custodi potremmo essere noi stessi, più evoluti e consapevoli. Se i mistici sentono che il tempo è un presente continuo, non dovrebbero esistere delle barriere insormontabili. Persino la scienza ufficiale sostiene che qualcosa arriva dal futuro. È dimostrato: l'antimateria viaggia al contrario. Poi cosa sia veramente l'antimateria, chi lo sa... potrebbe trattarsi di un flusso di coscienza, o di Poesia.

Che rapporto c'è secondo lei tra poesia e canzone?

Anche qui, non creerei un dualismo. Poesia e canzone hanno un elemento in comune: la voce. Ai Giardini di Porta Venezia, a Milano - sempre con la poesia ambulante - incontrai per caso un professore di Sanscrito, che mi domandò: "Sai da dove arriva la parola Poesia?"  "Dal Greco poiesis, fare creare", risposi.  "Ma fare creare cosa? No, esiste una radice più antica, dall'Egitto, il Dio Path"  E io: "Il Dio della parola?"  "No, della voce"
Un anno fa, a un BookCrossing, trovai un vecchio libro sulle Divinità Egizie, e leggendolo scoprii che la quarta bocca del Nilo, delle sette principali del suo delta, è dedicata a Path. Quattro su sette corrisponde al cuore: la voce del cuore!
La Poesia è una canzone, un canto. Una musica nel silenzio. Noi siamo abituati a troppe note: la nostra musica, penso a quella classica, è infarcita di note e virtuosismi. La Poesia invece è un'armonia essenziale. Attualissima.
E poi esiste la poesia sonora. Negli anni Ottanta ascoltare una performance di Luigi Pasotelli è stato per me uno shock formidabile.

Per alcuni la poesia dovrebbe opporsi ai modelli dominanti della civiltà consumistica. Secondo lei è realisticamente possibile ciò?

Il consumismo e la propaganda politica hanno la stessa origine: il marketing.
All’università insegnano che fu inventato dalla Propaganda Fidei. Il marketing approfitta del fatto che le persone-maschera sono egoiste, insoddisfatte, conflittuali, e inclini ad attribuire agli altri la causa dei propri guai.
La Poesia dovrebbe opporsi? La Poesia non esiste in astratto. È lo specchio degli esseri umani concreti, e riflette il loro livello di evoluzione.
C'è una storiella Sufi. Un Maestro insegnò agli uomini la conoscenza di se stessi. Nel mondo iniziò a diffondersi una grande armonia individuale e sociale. Questa pace destò preoccupazione tra i dèmoni: si riunirono in assemblea e decisero di spargere la voce che dietro gli insegnamenti del Maestro vi fosse un intento diabolico. Così nessuno diede più ascolto al Maestro, e le legioni infernali poterono continuare indisturbate a prosperare e a vivere sugli allori.

Se dovesse salvare un solo libro di poesia per i posteri quale salverebbe?

Un libro bianco. Che possano rivivere e riscrivere quello che vogliono, senza il peso del passato.

Per alcuni la letteratura non conduce alla salvezza ultraterrena. Per altri addirittura la letteratura è sinonimo di dannazione. I poeti maledetti probabilmente non si sono salvati. Che ne pensa?

C'è un equivoco sui poeti maledetti. Baudelaire scrisse Elevazione: "... alzati spirito mio, elevati, e bevi, come liquore puro e divino, il limpido fuoco degli spazi cristallini". La vita può essere durissima, certo, ma non credo alle maledizioni. Il nostro destino è comunque la gioia. E forse l'intera esistenza è solo un percorso mentale: ci stiamo scontrando con noi stessi, per aprire un varco alla comprensione e alla libertà. Carmelo Bene diceva che il tifoso sputa sul tifoso della squadra avversaria perché in fondo lo ama. L'unica energia è l'amore. L'amore non è qualcosa di banale. L'amore muove il sole e le altre stelle. La luce si fa strada nell'oscurità. 
E non credo nemmeno alla contrapposizione tra terreno e ultraterreno. Tutto fa parte dell'esistenza. La cosiddetta fine è solo un passaggio. Sa come i francesi chiamano l'abbandono dei sensi nell'orgasmo? Petite mort. Se la piccola morte è un orgasmo, chissà che razza di esplosione scatena la morte vera!

Davide Morelli


Intervista a Lorenzo Mullon di Davide Morelli Intervista a Lorenzo Mullon di Davide Morelli Reviewed by Ilaria Cino on settembre 03, 2019 Rating: 5

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