Scritture critiche: sulla scienza, l'umanesimo e la situazione italiana



Kenro Izu
Le cosiddette scienze umane possono spiegare le nostre azioni? Oramai la stragrande maggioranza dei cittadini considera gli studiosi di queste discipline dei guru e crede ciecamente nelle loro ricerche.
Ma la situazione è complessa. Possono essere molti i fattori, che determinano i nostri comportamenti e i nostri modi di essere. Per Freud la libido, l'inconscio e i rapporti parentali nei primi anni ci condizionano per tutta la vita. Ma di teorie ne esistono a iosa. Altri studiosi hanno evidenziato il perseguimento dell'utile, l'identità sociale, i ruoli, le funzioni, le nostre maschere sociali. I riduzionisti hanno cercato i correlati neurofisiologici dei nostri comportamenti. I comportamentisti decenni fa si disinteressarono della scatola nera e considerarono solo lo schema stimolo-risposta, anche se poi aggiunsero la variabile interveniente. I cognitivisti hanno cercato di descrivere i nostri stati mentali e la nostra capacità di problem solving tramite algoritmi. Le scienze moderne hanno rivelato alcuni aspetti paradossali dei nostri modi di scegliere e di rappresentarci la realtà. La teoria della dissonanza di Festinger è un esempio in questo senso, anche se probabilmente è viziata dalla credenza implicita che l 'uomo debba per forza essere un ricercatore continuo di coerenza. Tversky e Kahneman hanno dimostrato che ragioniamo utilizzando delle scorciatoie cognitive (euristiche) e probabilmente questo è dovuto al fatto che la nostra memoria a breve termine è limitata. Alcuni studiosi hanno sostenuto che l'uomo effettui delle scelte in base ad una analisi costi-benefici. La sociobiologia ha portato all'estremo questa teoria, ritenendo che il gene egoista determinasse tutto. Probabilmente oggi siamo più vicini alla verità rispetto ad Hegel, alla volontà di potenza di Nietzsche.
Non ci sono più metafisiche che cercano di descrivere le nostre azioni. Ma anche le scienze umane, che hanno dato notevoli apporti alla conoscenza della nostra mente, hanno i loro punti deboli. Le cosiddette scienze umane un tempo erano in debito nei confronti della filosofia. Oggi hanno perso il cosiddetto bagaglio filosofico e vengono considerate autonome e sperimentali. Anche le scienze umane vogliono quantificare tutto e sono pochi gli studiosi che fanno ricerche qualitative. Le scienze umane oggi ricalcano modelli e paradigmi di quelle che un tempo si chiamavano scienze esatte. 
Vedremo dove porterà questo connubio tra "scienze umane"e "scienze esatte"(ma esistono davvero?). A mio avviso l'umanità sta perdendo una grande occasione: quella di un nuovo umanesimo costituito da poesia, letteratura, psicologia, sociologia, antropologia, etc etc. Comunque la scienza in senso lato per molti pensatori sta dominando su tutto. Si pensi al fatto che anche la letteratura del novecento è stata influenzata dalle scoperte scientifiche: si pensi al "personaggio uomo" di Debenedetti. Sempre a causa  della scienza per lo scienziato Monod si è dissolta l'illusione antropocentrica. Nell'antichità l'etica e la conoscenza scientifica si compenetravano, dato che allora c'era un sistema animistico che proiettava sulla natura una coscienza. Ma per Monod la teoria eliocentrica di Copernico, il postulato di oggettività, la teoria dell'evoluzione hanno rotto l'anello di questa antica alleanza animistica tra uomo e natura. 
Ora etica e scienza sono nettamente separate. L'etica è in crisi quando si tratta di emettere giudizi di valore riguardo alla ricerca scientifica. Secondo il filosofo Husserl l'oggettivismo, asse portante della mentalità scientifica, ha causato deumanizzazione e antiumanesimo. Per Husserl l'uomo contemporaneo dovrebbe mettere tra parentesi ogni ideologia e scientismo e tornare alla vita interiore, all'esperienza immediata: al cosiddetto mondo della vita. Wittgenstein scrisse: "se pure tutte le possibili domande della scienza ricevessero una risposta, i problemi della nostra vita non sarebbero nemmeno sfiorati". Medawar, premio Nobel per la medicina nel 1960, sostenne che la scienza non avrebbe mai potuto rispondere agli "interrogativi ultimi"(Da dove veniamo? Dove andiamo? Quale è il senso della vita?). In definitiva perseguire ciò che è utile e funzionale non è detto che corrisponda per forza a ricercare il vero. Comunque è dIfficile dire a cosa sia dovuta la crisi di questa società. Per alcuni filosofi se il mondo va alla malora è colpa della scienza; per altri del nichilismo; per altri della secolarizzazione; per altri della tecnologia; per altri del capitalismo; per altri della civiltà dell'immagine; per altri dei massa media. Io non voglio condannare totalmente questa società. 
È vero che la medicina ha fatto enormi progressi e ha allungato la vita a tutti. Ma è altrettanto vero che mai come oggi siamo vicini all'Apocalissi, che potrebbe venire per le guerre, per la sovrappopolazione o per l'inquinamento. Oggi l'umanità rischia l'estinzione. Va ricordato inoltre che nell'esistenza l'assurdo può sempre dare scacco alla logica. L'ignoto, l'ineffabile, la morte sono sempre una minaccia costante per noi. Sono cose che stupiscono e provocano inquietudine e ansia. La quotidianità da un istante all'altro può sempre lasciar spazio all'abisso. Pensiamo alle guerre. Sono scatenate da dei tiranni folli oppure no? Sono più pericolosi per il prossimo i folli o le persone ritenute normali ? Non è assolutamente facile rispondere a questo interrogativo. C'è anche chi come lo psicologo David Rosenhan ha dimostrato con uno esperimento che anche la malattia psichica è una costruzione sociale: un'etichetta, che spesso non si basa su dati oggettivi. 
Lo ha dimostrato con alcuni soggetti assolutamente sani di mente, che dicevano agli psichiatri di ascoltare strane voci e descrivevano anche altri sintomi della schizofrenia: a tutti venne diagnosticata questa malattia mentale. C'è anche chi ancora oggi ritiene come Erasmo da Rotterdam che la follia sia fonte di conoscenza e saggezza. In fondo anche Charles dice ad Alice nel paese delle meraviglie "ti rivelo un segreto: tutti i migliori sono matti". 
Comunque io ritengo che i più grandi dittatori della storia erano folli: dei necrofili e dei sadici incredibili(dittatori come ad esempio Hitler, Stalin, Khomeini, Leopoldo II di Belgio, Pol Pot, Ivan il terribile, Robespierre). Talvolta nelle democrazie moderne le guerre vengono fatte in base ad errori di valutazione, che possono essere spiegate dagli esperti di decision making e dai teorici della "razionalità limitata". Anche la psicologia sociale può spiegare certe scelte sbagliate prese in gruppo. Molto spesso i governanti moderni sanno anche essere abili calcolatori e fanno anche la guerra per salvaguardare gli interessi di alcune lobby: come ci ricorda Trilussa "la guerra è un gran giro di quattrini/ che prepara le risorse per i ladri delle borse ". Viene da chiedersi allora come mai il popolo non fermi il governo con una rivoluzione. Anche qui ci viene in aiuto la psicologia sociale, che ha dimostrato l'esistenza della "banalità del male" descritto dalla Arendt. L'esperimento di Milgram sull'obbedienza acritica alla autorità, il concetto di "personalità autoritaria " di Adorno, la teoria dell'identità sociale di Tajifel e Turner possono spiegare perchè il popolo non si ribella facilmente. Sia i folli che persone apparentemente normali hanno causato delle guerre. Sia folli che persone apparentemente normali hanno eseguito ordini e sono diventati criminali di guerra. Si pensi solo alla Germania di Hitler. Forse tutto l'esercito era formato da pazzi sanguinari ? 
Probabilmente nessuno è totalmente normale e ci sono alcuni periodi in cui la follia dei cittadini, prima inibita, si manifesta. Anche la follia ha la sua logica. Anche la logica più ferrea e la normalità più rassicurante hanno la loro follia. Ma la fredda razionalità non basta talvolta nella vita. Nella vita c'è bisogno anche di poesia che spesso simboleggia uno stato d'animo o una condizione esistenziale. Lo stesso Eliot definì la poesia come "l'equivalente emotivo del pensiero". La poesia ci permette di meditare sul male di vivere. Ci consente di essere umani. Ci può far vedere le cose da una prospettiva completamente diversa. Può indicarci la strada meno battuta. In fondo bisogna ricordarsi che la scienza non è ancora riuscita a spiegare la creatività poetica e il flusso di coscienza, utilizzato da molti romanzieri moderni.
Sono molti i filosofi che sostengono che la razionalità scientifica stia decretando la morte dell'umanesimo. Ma la scienza è un mezzo e non un fine. L'umanesimo comprende anche l'etica. Quindi la scienza senza umanesimo è pura follia. L'importante è che la scienza non travalichi i principi etici e che resti a misura d'uomo e non di clone. Perché questo si verifichi è necessaria una netta separazione tra utilità e verità. È necessario che la scienza non sia un'ancella del business. Ma la scienza oggi è veramente indipendente? Attualmente per costruire un acceleratore di particelle occorrono ingenti somme di denaro. La ricerca applicata è perciò vincolata da stati, eserciti, imprese multinazionali. È un pessimo matrimonio quello celebrato tra scienza e tecnologia, celebrato da presidenti di università in cerca di fondi e da tecnocrati in cerca di potere. La tecnologia diventa quindi tecnocrazia e la scienza diventa sempre più manipolabile e sempre meno neutrale. Inoltre la mentalità comune crede sempre più nell'onnipotenza della scienza e nella superiorità della civiltà odierna rispetto a quelle di altre epoche passate. Ma questi possono rivelarsi falsi miti. Ci sono state straordinarie scoperte scientifiche nel novecento (che hanno ridotto la mortalità e allungato la vita) ma qualcosa abbiamo pur perso per strada. Faccio solo un esempio. 
Anche se oggi siamo più scolarizzati rispetto alla civiltà contadina va ricordato che un tempo un contadino analfabeta era un profondo conoscitore della natura e delle stagioni. Con il suo dialetto ad esempio sapeva dare nomi ad ogni albero, ad ogni pianta e a ogni foglia. Oggi un cittadino istruito non ne sarebbe più capace a meno che non sia un professore di botanica. Per la strada abbiamo perso molti mestieri che nessuno fa più. Abbiamo perso leggende, tradizioni, miti, simboli e metafore. Non ci sono più cantastorie e poeti estemporanei che improvvisavano in ottave. Non ci sono più contadini che conoscevano la Divina Commedia a memoria. Questa è l'epoca dei nativi digitali. 
In pochi decenni tutto è completamente cambiato. Si potrebbe anche sostenere che siamo diventati meno umani. Forse siamo più cattivi. Sicuramente siamo più stressati, alienati, nevrotici. Tutto è stato stravolto. La scienza moderna per molti pensatori non è altro che volontà di potenza sulla natura. Ma può sfuggire al controllo umano da un istante all'altro. L'ho già detto e lo ripeto: potrebbe arrivare l'Apocalissi per guerre, sovrappopolazione, inquinamento. Questa società è dominata dalla tecnica perché per molti è nichilista. Secoli fa forse(sottolineo il forse) c'era più religiosità e la letteratura era mitopietica(creava miti che contenevano archetipi, che erano fondamentali per la morale): ecco i motivi per cui il nichilismo non aveva la meglio. C'è anche chi come me pensa che dal punto di vista etico non siamo dei nani sulle spalle dei giganti. Per Pasolini bisognava fare una netta distinzione tra sviluppo e progresso. Per il poeta la civiltà dei consumi produceva beni superflui (sviluppo) e non beni necessari (vero progresso per Pasolini). Quindi l'unica forma di progresso avvenuta dovrebbe essere quella scientifica e non socio-economica. I poveri non hanno ancora beni necessari. 
Oggi questa nostra società evoluta deve tutelare quel poco che rimane della civiltà contadina. Deve tutelare per quanto possibile la biodiversità: deve tutelare le razze autoctone animali, i prodotti enogastronomici dimenticati, gli antichi vitigni, gli ortaggi e le piante di un tempo. Deve anche saper preservare il paesaggio. Altrimenti le generazioni future saranno sempre più polli di allevamento. Infine io ho ho scritto che forse siamo meno umani perché siamo meno umanisti. Nel recente novecento nazionalismi, ideologie (considerate scientifiche), scienza (ci si ricordi ad esempio della bomba atomica) e tecnica(penso alla industria bellica) hanno fatto milioni di morti. Centinaia di anni fa non c'era tutto questo spargimento di sangue. È forse una generalizzazione indebita dire che secoli fa eravamo più umani? 
Attualmente non ci sono più guerre mondiali ma ci sono sempre molte guerre nel mondo e anche il terrorismo. In linea di massima penso che oggi la nostra società sia tecno-tribale. L'uomo è sempre stato intrinsecamente crudele. La biologia della violenza è rimasta uguale: l'encefalo, gli ormoni,  i geni umani  sono rimasti gli stessi . Ma oggi forse l'uomo si contraddistingue per una maggiore distruttività e per una maggior capacità autodistruttiva...sottolineo il forse.
Questo non solo perché oggi ci sono la bomba atomica e armi più sofisticate, ma anche perché l'unico modo per risolvere i problemi sembra essere quello scientifico-tecnologico. In fondo viene da chiedersi se era necessario sganciare le bombe atomiche da parte degli americani. Secondo molti storici e molti generali dell'esercito americano del tempo non era necessario per vincere la seconda guerra mondiale. Nel 1945 la marina, l'aeronautica e l'esercito giapponesi erano già deboli. Gli Stati Uniti, l'Inghilterra, la Russia erano più forti delle potenze nemiche. Questo secondo gli esperti. Talvolta la tecnologia e la scienza non portano buoni consigli. Molto probabilmente anche secoli fa monarchi sanguinari e necrofili avrebbero usato la bomba atomica, se ce l'avessero avuta. Il problema della civiltà odierna è che la bomba atomica l'hanno sganciata dei governanti democratici e non folli: delle persone "normali". Ma ora volevo fare qualche considerazione di carattere generale sulla situazione italiana. Nel nostro paese come modello di riferimento viene sempre più presa la televisione, che ha molti difetti.
La tivù è sempre più spazzatura, mentre dovrebbe garantire sano intrattenimento, informazione, cultura. Invece è sempre più diseducativa: non è un caso che Popper l'ha definita "cattiva maestra". Infatti non trasmette norme e valori per i bambini. In molti film e telefilm ci sono troppe scene di violenza. Non solo ma rappresenta ormai solo la presunta cultura di massa e non le sottoculture (intese come culture delle minoranze), le controculture, l'alta cultura. Naturalmente so bene che fare televisione è difficile ma proprio per questa ragione registi di programmi, presentatori, opinionisti dovrebbero essere professionisti capaci e equilibrati. Invece spesso sono dei narcisisti superficiali strapagati alla ricerca becera dell'audience. A mio modesto avviso nei palinsesti ci dovrebbe essere spazio anche per una televisione di qualità, visti e considerati gli introiti pubblicitari. Comunque è sempre più difficile stabilire che cosa sia effettivamente cultura: di questo tutti noi ne dobbiamo prenderne atto. Forse bisogna procedere per esclusione e stabilire prima che cosa non è cultura. Tutti quei programmi di cucina a mio avviso non sono cultura ma solo svago. La televisione difficilmente è cultura, intesa come strumento di trasmissione di sapere. Basti pensare allo scarso spazio che la televisione dedica all'arte e alla letteratura. Oramai solo gli addetti ai lavori e i pochi appassionati seguono il premio Strega, il Campiello, la Biennale, il festival di Spoleto, il festival del cinema di Venezia. 
Ne parlano in televisione in qualche servizio, talvolta ad ora tarda. L'unico festival di cui si parla per una settimana è quello di Sanremo. La cultura in televisione, almeno quella umanistica, è in crisi. E da altre parti? Non c'è più slancio. Non c'è più fermento. Non ci sono più caffè letterari in auge come il Caffè Le Giubbe Rosse, famoso perché frequentato da Montale, Carlo Bo, Luzi, Parronchi, Bigongiari, etc etc. Gli scrittori e i poeti esistono ma nella maggioranza dei casi ci sono poche persone (se si escludono amici e parenti) ad ascoltarli quando presentano i loro libri. Raramente nella terza pagina di un quotidiano qualsiasi si tratta di un libro. Spesso più che di cultura la terza pagina si occupa di costume e società. La cultura per come la si intendeva un tempo non fa più notizia. 
Forse l'umanesimo, anche quello più moderno, è considerato noioso, soporifero, inutile. Probabilmente i programmi scolastici non funzionano adeguatamente per plasmare una coscienza critica e una formazione culturale. Non solo ma tutti i docenti delle facoltà umanistiche perseguono i criteri di scientificità per i loro lavori. Se i docenti universitari fanno una rivista accademica scrivono che è una rivista che garantirà i più alti livelli di scientificità. Questo mi sembra un controsenso, addirittura un paradosso! Sempre più studiosi usano il termine "scienze filosofiche". Eppure è un ossimoro! È davvero il caso di dire che lo scientismo non risparmia nessuno. Tutto è lasciato alla volontà del singolo cittadino che deve acculturarsi da solo e approfondire gli argomenti da solo. 
Ciò nonostante i libri sono più economici di un tempo. Oggi un cittadino può aggiornarsi anche su internet ma deve stare attento all'autorevolezza delle fonti e all'accuratezza delle informazioni. Può anche acculturarsi ma per ora l'ebook è più faticoso a leggersi di un libro cartaceo. Non dimentichiamoci però che su internet le bufale girano a bizzeffe. Le librerie stanno vivendo un periodo di grave crisi. Sbarcano il lunario vendendo soprattutto testi scolastici. A volte sembra di vivere nella società descritta in Fahrenheit 451. Ma acculturarsi dovrebbe essere sia un diritto che un dovere per tutti. Infatti secondo Gadamer "la cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande". Per il resto non c'è più neanche la mondanità di un tempo. Non c'è più La dolce vita di via Veneto. Forse è vero che non ci sono nuovi Fellini ma probabilmente non interesserebbero più come un tempo personaggi di tale spessore. I paparazzi ora immortalano non più intellettuali e dive ma calciatori e showgirl: nuovi protagonisti dello show-business. Questo ormai è il gossip dei giornali scandalistici. 
A Roma nei salotti di nobildonne si incontrano personaggi famosi e potenti dell'industria, della politica, della cultura, della società. Si creano nuove consorterie. Si stringono nuove alleanze. Nel frattempo qui regna l'abusivismo, che distrugge il paesaggio. Non solo ma l'Italia è famosa per la scarsa tutela delle opere d'arte, dei monumenti, dei musei. Nel nostro Paese si registra lo scempio dei centri storici, il degrado delle città, la scarsa valorizzazione di bei borghi. Eppure tutti sanno che la nostra penisola non è ricca di materie prime ma di beni culturali. In fondo il turismo culturale potrebbe essere un modo per risollevare il Paese dalla crisi. In definitiva la politica difende i corrotti. Difende privilegi e privilegiati, che dovrebbero essere eliminati per risanare il debito pubblico. Non difende invece il nostro patrimonio artistico(quante opere trafugate o non preservate!) e neanche i cittadini più deboli. Eppure dovrebbe difendere gli indifesi e non gli indifendibili!

Davide Morelli

Scritture critiche: sulla scienza, l'umanesimo e la situazione italiana Scritture critiche: sulla scienza, l'umanesimo e la situazione italiana Reviewed by Ilaria Cino on ottobre 10, 2019 Rating: 5

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