Recensione del mese: Le lampade che erano nascoste - Francesco Pesce


ll libro ha un titolo molto suggestivo ed accattivante: “Le lampade che erano nascoste” e si divide in tre parti.” I versi del sogno e dell’ansia”: “Versi del ricordo e del passato”. “ I versi della fraternità e del bene”. Il volume fu stampato a Salerno dalla casa editrice Silarus  nel 1967.  La poesia, che a mio giudizio, ha avuto un ruolo di ispirazione fondamentale, ha per titolo “ La lampada nascosta”, in cui il poeta scrive: “ Ho nell’anima una lampada nascosta spenta,  v’era tutto l’olio ancora da consumare...La lampada spenta è sepolta nel più profondo del cuore, è divenuta ghiaccio che cammina senza rumore, fino a quando si accenderanno tutte le lampade spente....”. In questa poesia si nasconde la metafora della ricerca della luce interiore, che è il cammino verso la pienezza, verso la scoperta del Sé. Nella prima parte il poeta presenta se stesso con una malcelata insoddisfazione, si definisce, nella poesia “Non mi disarcionate" “Un vecchio cavallo dei sogni, che attraversa i margini della vita, nei solchi dove  nessun arriva, nelle acque azzurre di tutti gli oceani che non esistono, di tutte le cose che non sono, che non saranno mai mie” Quindi in lui, c’è la ricerca della propria identità profonda, che  ancora gli sfugge e che lui cerca  per radicarsi di più nella vita. Ma allo stesso tempo è consapevole di essere ancora  preda del desiderio, da  “Dedalo dei sogni”, “Appendemmo all’agave del desiderio i nostri cuori giovani”  e  di aver costruito soltanto una vita illusoria che lo ha portato alla solitudine. Ma il poeta ha sempre qualcosa in più , rispetto all’uomo  comune, la  percezione    dell’immensità, in  cui ha coscienza  di  essere inserito.  Un qualcosa che lo trascende che io chiamo Totalità e il poeta Immensità. “Guardo all’immensità, ove gli occhi non vedono”,  per cui riesaminati i ricordi del passato, e vinta  l’angoscia che lo ha tante volte visitato,   si abbandona allo  slancio mistico   verso   Dio,     che   così   esplica   nella   poesia   “Sono   corso”.   “Sono   corso signore, l’angoscia mi fa parlare, ho nelle mani che hanno peccato, la coppa del mio cuore, la verso, piccola goccia nel fiume del dolore”. E mentre la prima parte si chiude   con questa   elevazione   sofferente   al   divino,   nella   seconda   parte   dal titolo: “Versi del ricordo e del pianto”, il poeta  rievoca la sua stessa vita.  E lascia riaffiorare i ricordi, in “Quando cantano i ricordi”,  scrive “Salgono all’anima i ricordi come il profumo degli incensi e bruciano gli occhi”.  Descrive  luoghi tanto amati  in cui ha vissuto.“Sono  venuto sul terrazzo, quanto tempo  è passato, non c’è il mandorlo, non c’è più il loggiato, ci sono io col cuore gonfio”.  Si affaccia alla sua memoria il ricordo della cara nonna. “  Il canto della nonna”; “accanto al fuoco su d’una scranna, la nonna fila accanto alla fiamma”. O  in “Motivo antico” rievoca le parole di una  di una canzone amata  che lo riporta alla sua gioventù.   “Proviene da sotto il porticato, un giradischi scandisce nettamente una canzone”.   Descrive la morte di un povero cane investito da una macchina.  “La morte del cane”. “Il cane tremava sulle quattro zampe, abbacinato dai fari delle auto”. Ma anche ricordi lieti legati alla sua terra.”  “Cilento”. O mio Cilento terra dalle rocce  nude sposate dal sole. Navi varate dal vento  del bosco a tagliare l’onda selvaggia.” O la  sua stessa amata   Laurino. “Mormora il fiume sotto il ponte antico, il sole cala tra le vette bianche han colore dei mandorli fioriti. Le pecorelle ora tornano stanche: s’eleva il tintinnio tra il cielo e il monte” e per finire  la bellissima  poesia su   Casalvelino. A mio giudizio la più bella di tutta la raccolta, in cui la liricità del poeta si stempera nella bellezza della natura e nel ricordo doloroso del passato..“Quattro case, una valanga di ricordi, un mucchio di stelle che scende dai tetti, sul mare la luna che traspare all’ombra degli scogli e ricompare,  per sciogliere sull’acqua un grembiule di perle. Danzano le foglie intorno a due platani stanchi e davanti agli occhi miei, viventi appaiono le doloranti immagini di un tempo”. Nell’ultima parte della raccolta: “ Versi della fraternità e del bene” In cui il poeta che ha compiuto il suo percorso umano e stilistico,  si trasforma in colui lui che annuncia il bene e vuole che tutti gli uomini siano uniti dalla fratellanza. “ Ti costa poco figlio mio essere buono. Buono è il pane che esce dal forno che spande intorno l’odore di tante fatiche. Buono è l’odore di terra che il vomere taglia e il vento sparpaglia”. In “ Sollevati nell’azzurro”. Il poeta invita l’uomo a trascendere se stesso a superare il  peso della carnalità, nella poesia . “Sollevati sulle ali del tuo cuore, al disopra dei tuoi sentimenti ti vedrai piccolo dall’alto nel cielo forgiato dai cerchi delle tue ali.” La luce divina sicuramente ritornerà a risplendere sugli uomini,come scrive in “ Ritornerà la   luce”, “ dalla lampada che tu non vedi”, quella luce interiore che nessun uomo vede, ma che esiste dentro di noi, quella stessa lampada che il poeta sentiva spenta dentro di sé e che ora si è  all’improvviso accesa per guidare lui e tutti gli uomini sul sentiero della fraternità e  del bene a cui l’uomo nella sua più intima natura aspira.  Un grande poeta Francesco Pesce, da riscoprire e   rivalutare che si accosta con la massima umiltà  al  percorso periglioso  della vita, sostenendo l’uomo dalle sue sofferenze. Lui che si definisce il poeta dell’amore. “ Il figlio dell’amore” il devoto cantore del frate poverello, “che chiama fratelli tutti gli uomini poverelli: che abbraccia senza timore quanto ti invia il Signore”. 

Francesco Innella

Recensione del mese: Le lampade che erano nascoste - Francesco Pesce Recensione del mese: Le lampade che erano nascoste - Francesco Pesce Reviewed by Ilaria Cino on giugno 28, 2019 Rating: 5

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