Recensione del mese: Da una trincea di vento - Lorenzo Mullon



“Da una trincea di vento” (Moretti&Vitali, 2018) di Lorenzo Mullon è un libro di poesie che si legge tutto d’un fiato ma più che di poesie parlerei di massime sapienziali, frammenti di sensazioni e memorie danno corpo al paesaggio interiore dell’autore, un paesaggio immaginifico, una danza inattesa di farfalle che solletica il lettore, lasciandolo ispirato e voglioso. 
Il libro, organizzato in tre sezioni, è un piccolo gioiello di poesia per i buon gustai e non, dal momento che concilia pensiero, archetipi poetici, semplicità di linguaggio alla complessità del verso. A dettare l’incipit è un io poetico che si spoglia gradualmente di se stesso per farci palpare con l’immaginazione la morbidezza della sabbia, la furia del torrente, l’aria carica di fruscii, il bosco e le sue creature in attesa di schiudersi: /io che sono stato abbandonato nella notte/ ho dovuto inventare il verso del cuculo/ che ripete se stesso all’infinito/per non sparire nel buio/. Una sensibilità serafica quella del Mullon, poeta ed amico delle cose inutili ma utili a contrastare la cupezza della realtà con l’inventiva poetica e la forza dei sogni: /… io fui padre e madre e nato/e da quel momento mi dibatto nei ruoli/ tirato per i capelli/tra la realtà/ e la forza dei sogni che mi sollevano e mi sfiniscono/è un antico motore/alza e abbassa il sipario/e io provo disperatamente/a stare da una parte e dall’altra…/. 
Nulla è lasciato al caso e alla banalità, il buio assieme alla spoetizzazione dell’io è matrice di vita che genera la luce del verso, la locomotiva che percorre l’opera dandoci l’idea dell’esperienza creativa; il corpo è un luogo di scambio per riflessioni Rilkiane, ricettivo alle voci segrete dell’ambiente circostante che vengono interiorizzate e lasciate decantare: /questa mattina vibra tutto/le colonne, l’acqua, il cielo/come se potessi imprimere /alle cose/la mia meraviglia/. L’osservazione della natura e le sue geometrie hanno un posto privilegiato, essendo il confine per divenire altro, per portare in superficie l’incendio sotterraneo, e regalarci sguardi inediti, metamorfosi e dilatazioni dello spazio: /ho fatto spazio dentro di me/ piano piano sono entrati la radura/ il grande faggio/il lago e il suo promontorio…/, dove lo spazio stesso è espressione di una verbalità emergente, un contenitore dei rumori del mondo; così la montagna si anima di gesti: /ogni tanto la montagna come la gallina/butta fuori un sasso che ha covato per secoli; gli alberi diventano illogici: /…mi piacciono gli alberi perché sono illogici/ non ha senso crescere così in alto/ basta restare un cespuglio, un’erba, un lichene/ invece a loro piace ospitare i nidi e gli scoiattoli/ e gonfiarsi di vento…/e le stelle oscillano: / non potendoti cullare/le stelle oscillano/. 
La chiusura di ogni poesia è una finestra che illumina il vissuto arricchendolo di considerazioni taoiste, nessuna esperienza individuale cade invano senza lasciare traccia, da qui l’invito alla poesia, alla ricerca del bello quotidiano, di quel quid che riporta la vita ad una dimensione più umana e musicale dal momento che “…ogni azione ha un significato eterno e resterà scolpita nei colori dell’alba o urlerà nel vento”.


Ilaria Cino


(Da una trincea di vento, Moretti&Vitali, 2018)
Recensione del mese: Da una trincea di vento - Lorenzo Mullon Recensione del mese: Da una trincea di vento - Lorenzo Mullon Reviewed by Ilaria Cino on maggio 05, 2019 Rating: 5

1 commento

  1. Complimenti Ilaria, hai scritto un'interessante recensione che illustra degnamente la poesia delicata ma potente di questo autore... Grazie per avercelo presentato.

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