Scritture critiche su: Sanremo così nazionalpopolare e la poesia contemporanea così marginale.
Ci sono canzoni eccellenti che non hanno vinto Sanremo e che
avrebbero meritato la vittoria come "Ciao amore, ciao" di Tenco,
"Ma che freddo fa" cantata da Nada, "Le mille bolle blu"
cantata da Mina, "Nata libera" di Leano Morelli, "4/3/1943"
e "Piazza Grande" cantate da Lucio Dalla, "L'uomo che si gioca
il cielo a dadi" di Vecchioni, "Montagne Verdi" cantata da
Marcella Bella, "Vita spericolata" di Vasco Rossi, "Almeno tu
nell'universo" cantata da Mia Martini, "Gianna" di Rino Gaetano,
"Quello che le donne non dicono" cantata da Fiorella Mannoia,
"Il ragazzo della via Gluck" di Celentano, "Un'avventura"
di Lucio Battisti, "L'italiano" di Toto Cutugno, "Ancora"
di Eduardo De Crescenzo, "Cosa resterà degli anni 80" di Raf,
"Signor tenente" di Giorgio Faletti, "E dimmi che non vuoi
morire" cantata da Patty Pravo, "Timido ubriaco" di Max Gazzè,
"Spunta la luna dal monte" di Bertoli e Tazenda, "Maledetta
primavera" cantata da Loretta Goggi. Mi scuso per averle citate alla
rinfusa.
È pacifico dire che molte di queste canzoni sono state vere e proprie
vincitrici morali del festival e successivamente sono diventate dei grandi
successi. Naturalmente non bisogna sopravvalutare Sanremo, che è una grande
kermesse canora e non certo il Premio Tenco: la stragrande maggioranza delle
canzoni sono semplici, commerciali e trattano quasi tutte di amore nel modo più
strappalacrime possibile. Insomma è una grande gara nazionalpopolare e non
bisogna aspettarsi di più. Le canzoni sono fatte soprattutto per
"arrivare" subito alla gente e non hanno molto spesso la pretesa di
essere poesia e talvolta nemmeno di essere espressione artistica. Il rapporto
tra canzone d'autore e poesia comunque è problematico e controverso. In America
non vengono fatte distinzioni tra Bob Dylan, Lou Reed, Leonard Cohen, Jim
Morrison e i poeti della beat generation. In Francia cantautori come Brassens,
Brel e Ferrè sono considerati dei veri poeti. In Italia cantautori come De
Andrè, Edoardo De Angelis, Enzo Jannacci, Guccini, Battiato, Dalla, Paolo
Conte, Edoardo Bennato, Vecchioni, De Gregori, Piero Ciampi, Claudio Lolli,
Alice, Ivano Fossati, Giorgio Gaber, Enrico Ruggeri, Tenco, Ivan Graziani,
Mario Castelnuovo, Vinicio Capossela sono riusciti a scrivere testi che hanno
una certa dignità letteraria. Però non vengono considerati poeti a tutti gli
effetti da parte dei critici letterari. D'altra parte in Italia il pubblico
della poesia è inesistente e sono gli italianisti(che hanno sempre cattedre
universitarie) a decidere chi deve finire nelle antologie scolastiche.
I
cantautori invece godono di un grande seguito e il popolo conosce a memoria le
canzoni e non le poesie: come già ho avuto di scrivere sono i cantanti i
surrogati dei poeti al mondo di oggi. Facendo una considerazione a largo raggio
ritengo che lo scetticismo imperante nella cultura odierna ha prodotto un
irrazionalismo, che porta la maggioranza delle persone a credere agli oroscopi,
ai maghi, alle fake news e naturalmente anche ai cantanti. Comunque sempre in
Italia in passato sono state fatte cose interessanti per quel che riguarda il
rapporto tra poesia e musica. Baglioni ad esempio ha musicato una poesia di
Trilussa("Ninna nanna") e Guccini una poesia di Gozzano("L'isola
non trovata"). Inoltre la canzone "Le passanti" di De Andrè è un
testo di un poeta francese. "Il cantico dei drogati" l'ha scritta
assieme al poeta Riccardo Mannerini. Lo stesso cantautore genovese ha scritto
"Una storia sbagliata" in memoria di Pasolini. "Le lettere
d'amore" di Vecchioni si riferisce al grande poeta portoghese Pessoa. Va
ricordata anche la collaborazione tra Roversi e Dalla, durata 7 anni.
Personalmente ritengo che la canzone, anche quella d'autore, possa essere
considerata al massimo poesia popolare e spesso il testo, letto senza musica,
non possa essere considerato a tutti gli effetti poesia. Inoltre quando si
fanno dei raffronti tra un poeta e un cantante bisogna sempre paragonare non un
singolo testo di canzone e una poesia, ma un album ad esempio di dieci brani e
una intera raccolta poetica. In due o tre anni circa infatti un cantautore
pubblica un album e nello stesso arco di tempo un poeta pubblica una raccolta.
Una singola canzone o una singola lirica sono sempre troppo poco per giudicare.
Bisogna invece considerare la totalità delle creazioni di un determinato
periodo di tempo. Ritorniamo però al festival. La stragrande maggioranza di noi
spesso si dimentica chi ha vinto a Sanremo, mentre invece si ricordano di più
certi piccoli scandali verificatesi nell'evento come ad esempio la vista del
seno di P. Kensit e la farfallina di Belen Rodriguez. Sanremo è anche gossip e
varietà.
Sanremo non è solo cultura pop ma anche un fatto di costume. Spesso
molte donne stanno una settimana intera a parlare degli abiti e dei trucchi
delle cantanti. Non ci sono regole per giudicare questo evento. Se cercassimo
di darci delle regole probabilmente finiremmo per essere ridondanti o cadremmo
in contraddizione. I mass media di solito considerano la riuscita o meno di un
festival dallo share e in base a questo valutano il conduttore e il direttore
artistico, che talvolta sono la stessa persona. Dicevo prima che le canzoni di
Sanremo peccano troppo di sentimentalismo. La poesia contemporanea oggi
considera invece le questioni amorose come banale autobiografismo e
stucchevole diarismo. A mio avviso la verità sta nel mezzo. Non bisognerebbe
edulcorare troppo i propri sentimenti come accade nelle canzoni, che sono
pensate e scritte per un pubblico adolescente o comunque giovane. Non
bisognerebbe però razionalizzare, intellettualizzare troppo la poesia di oggi.
Anche grandissimi poeti come Saffo, Catullo, Dante, Petrarca, Montale, Neruda e
Salinas hanno scritto poesie d'amore. Molto spesso alcuni poeti e alcune poetesse
hanno raggiunto la fama imperitura grazie a canzonieri in cui venivano
descritte le loro pene e i loro sentimenti amorosi. Nella poesia odierna forse
non si trattano più i sentimenti amorosi perchè ancora pesa uno stilema
neoavanguardista, ovvero quello di "riduzione dell'io", come se la
poesia dovesse essere sempre "oggettiva"(non nel senso che la
soggettività viene eliminata ma che si nota il primato dell'oggetto sul
soggetto nei Novissimi) e ogni componimento poetico non dovesse essere la
risultante equilibrata di una interazione tra io e mondo. Nella poesia odierna
forse non viene trattato il sentimento amoroso perché sempre per la
neoavanguardia bisognava evitare ogni intimismo. A mio modesto avviso un'altra
limitazione della neoavanguardia è il fatto che per questi intellettuali le
opere degne di nota erano soltanto le creazioni appartenenti alla loro scuola.
Tutto quello che non era neoavanguardia non era memorabile o peggio ancora era
tarato. Gli appartenenti alla neoavanguardia si sentivano superiori
ideologicamente, intellettualmente ed esteticamente. Questo atteggiamento a mio
avviso esiste ancora oggi in taluni e può portare ad una sorta di esclusivismo,
che talvolta può sconfinare nell'autoghettizzazione. Questi individui si
sentono spesso inattaccabili e non accettano critiche da nessuno. Ogni minimo
appunto lo ritengono un atto di lesa maestà o comunque offensivo. Nessuno
dovrebbe muovere loro delle critiche. Sono competenti solo coloro che li
lodano. Gli altri probabilmente sono solo delle nullità. Stanno bene soltanto
quando si fanno i complimenti tra di loro. Si sentono i migliori. Si
considerano illuminati. Nel frattempo la poesia è sempre più un genere
marginale e non potrebbe essere altrimenti con questi protagonisti e con queste
premesse. Questo tipo di artisti allontanano le persone dalla poesia. Cosa fare
allora? Quale è il rimedio? Per il poeta Giovanni Raboni bisogna evitare
"l'idea della poesia come valore alto se non addirittura supremo, come
sinonimo e emblema di nobiltà, di superiorità, d'eccellenza". Infine
bisogna dire che la poesia di ricerca è un fantasma: chi cerca di sperimentare
in questo modo non è altro che un manierista ed è ripetitivo. Tutto si
equivale. I continuatori della neoavanguardia sono essi stessi retrogradi
perché non riescono a rinnovare il linguaggio e neanche a creare qualcosa di
originale. Riescono solo a risultare pretenziosi. Non solo ma va detto che nel
novecento la poesia è diventata una signorina algida, fredda, snob e troppo
intellettualistica.
La poesia per essere tale deve cercare di "toccare il
nadir e lo zenith" della sua "significazione" per dirla alla
Luzi, deve cioè descrivere i meandri più oscuri della psiche e nominare il
mondo. Ma è anche vero che "niente è così facile come scrivere difficile"
come scriveva il filosofo Karl Popper. Chi ha una visione del mondo dovrebbe
riuscire sempre a semplificare senza essere semplicistico. Molto spesso
invece nella poesia contemporanea vengono complicate persino le cose semplici e
rese incomprensibili le cose complesse. Non vi venga assolutamente in mente che
i poeti di oggi sono incompresi perché volano troppo in alto e le persone
comuni non possono capirli: come cantava scherzosamente De Gregori anni fa
spesso "non c'è niente da capire". Quello che sto scrivendo so bene
che mi attirerà antipatie ma personalmente sono stanco del poetichese nostrano
così astruso. Lo scrivo a costo di risultare provocatorio o addirittura
caustico. I poeti di oggi snobbano a Sanremo, ma avrebbero bisogno di piccole
dosi omeopatiche di questo festival. Gli farebbe bene ascoltare qualche
canzone. Sappiamo che la scrittura a differenza dell'oralità è per dirla con
Vygotskij "un linguaggio per un interlocutore assente" ed è un atto
"monologico", maggiormente articolato e privo di intonazione. Inoltre
la poesia è una forma particolare di scrittura perché già con il Pascoli ad
esempio veniva privilegiata la conoscenza alogica e analogica. Insomma i poeti
cercavano una strada prerazionale. È altrettanto vero però che molti oggi imitano
come pappagalli i Novissimi e Amelia Rosselli, scrivendo più per se stessi che
per gli altri; scrivono infarcendo le loro poesie di citazioni colte; scrivono
per una ristrettissima cerchia di eletti. Il loro è un linguaggio per
allusioni. È un linguaggio criptico. Non si sforzano minimamente di essere
compresi. La realtà è che spesso non sanno neanche più dire e interpretare
quello che hanno scritto a distanza di tempo. La realtà è che spesso non
riescono a comprendere quello che hanno scritto. Non solo gli altri non li
capiscono, ma neanche loro stessi si capiscono. La lirica invece dovrebbe
ricercare la validità universale. Per Nietzsche uno solo ha sempre torto e
soltanto con due persone inizia la verità. Sempre per il grande psicologo russo
Vygotskij "la verità è un'esperienza socialmente organizzata". Da
soli si delira. Bisogna rivolgersi agli altri per avere una presa di coscienza.
Le canzonette di Sanremo a differenza di molte poesie di oggi forse sono
scritte da autori furbastri; però hanno una notevole capacità comunicativa,
anche se forse la maggioranza di esse non sono arte. Insomma il mattone non è
più un investimento. I soldi non sono più sicuri in banca. I cittadini chiedono
più sicurezza. Nel frattempo ci sono troppe tasse e servizi inefficienti. La
crisi ha impoverito molti. Un titolo di studio umanista talvolta è un ostacolo
per trovare un posto di lavoro. Alle elezioni il primo partito sarà senza ombra
di dubbio quello degli astensionisti e la vittoria verrà decisa invece da
coloro che nei sondaggi si dichiarano indecisi, che solitamente appartengono
all'elettorato moderato. I politici, nonostante tutto, continuano a promettere
l'impossibile. Milioni di italiani però, nonostante tutti questi problemi, si
fermano e si incollano davanti ai televisori per cinque serate per commentare
le canzoni. La comunità poetica invece lo snobba totalmente: eppure tutti
avremmo bisogno ogni tanto di essere riportati all'essenziale. I poeti in
definitiva devono scegliere se mettere un poco di ordine o aggiungere disordine
ad una letteratura come quella attuale già troppo confusionaria, caotica e
dispersiva. Non chiedo certo di dare una definizione esaustiva della poesia o
dell'arte, che sarebbe come assiomatizzare l'ineffabile. A tal proposito ho una
unica certezza a proposito dell'arte, ovvero -come scrisse Henry Miller- che
"non dovrebbe insegnare nulla, tranne il senso della vita".
Davide Morelli
Davide Morelli
Scritture critiche su: Sanremo così nazionalpopolare e la poesia contemporanea così marginale.
Reviewed by Ilaria Cino
on
marzo 21, 2018
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