Recensioni del mese: Bagliori di storia di Vittorio Orlando
Nel panorama italiano di poesia contemporanea si distingue la voce conciliatrice di Vittorio Orlando che con Bagliori di storia (Il Saggio-Ars poetica, 2015) sembra ricucire quella frattura storico-poetica che ha visto il progressivo declino della figura del poeta vate a favore di ripiegamenti di tipo intimista e di una poesia scevra dall’impegno civile e sociale. Così il poeta “ebbro di lucida visione”, animato dalla tensione intellettuale: “amo dei luoghi della vita/la storia/il simbolismo delle cose/le parole non dette/come pietre levigate/dalle pure acque sorgenti/” decanta, come un moderno vates foscoliano, il proprio tempo sociale, affidando alla parola poetica una funzione prima esistenziale, evocativa dei valori e delle vicende umane, e poi eternatrice. L’io lirico, infatti, si esplica in rapporto alla storia, nell’illuminare ed interpretare una realtà opaca, la sua continuità e discontinuità con i valori del passato, e che malgrado lo scacco prodotto dalle delusioni e disillusioni resiste ad ogni forma d’indifferenza; significativa a riguardo è la lirica dedicata allo scrittore e filosofo italiano Michelstaedter “A Carlo Michelstaedter” (pag.67), forse proprio come monito allo sviluppo di una coscienza poetica meno alienata e più vicina al hic et nunc del proprio esserci. Sotto questo punto di vista l’opera ha il merito di suggerire una via d’uscita ideologica rispetto alla solitudine morale ereditata dal ‘900 e attuale dimora del poeta contemporaneo; che percependosi del tutto estraneo alla realtà riprodotta dal capitalismo, non è invogliato o addirittura impossibilitato ad interpretarla, ma ne testimonia interiormente gli effetti. Si può affermare che l’atteggiamento montaliano della “Divina Indifferenza”, rappresenta senza dubbio la risposta poetica attualmente più diffusa al “male di vivere”. Bagliori di storia è un opera che affascina sia per i contenuti umani, proiettati nel respiro universale mediante archetipi storici riattualizzati e il ricorso al mito greco che li carica di pathos e suggestioni, che per il modo in cui riesce a comunicarli. In questo senso l’autore si avvale di un labor limae ben ponderato, dove il parlato colto si mescola alla parola umile, al parlato dal basso, riuscendo così ad evocare sentimenti ben precisi. Per cui leggendo l’opera è facile trovarsi sullo “svettante Olimpo” così come nelle “lande vetuste” dell’IVA e dell’IRPEF, che smorzano i toni della riflessione riportandola nello spazio del transitorio, alleggerita da una simpatica ironia. Più che “Bagliori di storia” direi che l’opera di Vittorio Orlando è un bagliore di luce sull’oscurità del quotidiano, che viene sublimato dalla bellezza del verso.
Ilaria Cino
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febbraio 14, 2017
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